L’abbazia? In fondo a destra – il venerdì di Repubblica 12/2017

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Alla ricerca degli ultimi 2 monaci rimasti nella Certosa di Trisulti – un’abbazia tra i boschi dei Monti Ernici, in Ciociaria, che da oltre 9 secoli ospita il lavoro e le preghiere di monaci eremiti – m’imbatto invece in una voce dal forte accento inglese che risuona tra i corridoi deserti del monastero: “Filomena, Filomena”. “Beniamino” – così si presenta quando lo incontro – sta chiamando uno dei suoi gatti.

Fondatore e leader del Dignitatis Humanae Institute (Dhi), Benjamin Harnwell sembra già di casa alla Certosa. La sua associazione, un think-tank per “la difesa delle fondamenta giudaico-cristiane della Civiltà Occidentale”, che sul suo sito web sbandiera in ogni singola pagina il ghigno di Steve Bannon (ex-consigliere di Trump, nonché leader dell’alt-right statunitense), ha appena vinto il bando del Ministero dei beni culturali (Mibact) per la concessione dell’abbazia. Ma lui è qui da un pezzo. “Ho scoperto Trisulti nel 2014 – mi spiega – e dall’anno successivo, con la benedizione dell’Abate di Casamari (Padre Romagnuolo, responsabile della Congregazione dei Cistercensi, i monaci che dal 1947 abitano anche la Certosa, ndr), ne sono stato ospite per alcuni periodi di ritiro spirituale”.

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A quell’epoca, Harnwell – classe 1975, membro per oltre 15 anni del Partito Conservatore Britannico e lobbista al Parlamento Europeo – era alla ricerca di una sede dove Dhi potesse “promuovere il Vangelo in ambito politico organizzando ritiri spirituali per chi opera in Parlamento”. Come a esempio Rocco Buttiglione e Luca Volonté, rispettivamente “padre fondatore” e “direttore” del suo think-tank. “Vogliamo aiutare i politici a essere veri cristiani nella loro azione di governo – mi spiega ancora Harnwell – a battersi con fermezza per la tutela della vita dei più deboli, come quella dei feti e dei malati”. Ovvero contro l’aborto e l’eutanasia. Così a giugno 2015 l’ultraconservatore Cardinal Martino, presidente onorario di Dhi insieme al suo omologo statunitense Raymond Burke, scrive al Papa chiedendogli di comunicare al ministro della cultura Franceschini il “desiderio che la Certosa di Trisulti passi all’Istituto Dignitatis Humanae”. Dati i pessimi rapporti tra gli ultraconservatori di Dhi e la Chiesa riformista di Papa Francesco – a giugno 2014, in occasione di una conferenza organizzata da Dhi in Vaticano, Harnwell fa incontrare Bannon e il Cardinal Burke, un’alleanza volta a contrastare il “marxismo culturale” di cui accusano il nuovo Papa – l’appello cade però nel vuoto. Fino a quando, ottobre 2016, il Mibact indice un bando per affidare ad associazioni no profit 13 pezzi del patrimonio artistico nazionale, monumenti la cui manutenzione risulta troppo onerosa per lo Stato. Tra questi c’è anche la Certosa di Trisulti.

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A causa degli stretti paletti imposti dal Mibact, la partecipazione è molto scarsa e vengono aggiudicati solo 5 degli immobili messi all’asta. Benjamin ce la fa comunque. L’assegnazione della Certosa desta però particolare malumore nella comunità locale. “Attendevamo il bando con trepidazione -mi racconta Riccardo Copiz, ricercatore alla Sapienza e presidente dell’associazione Sylvatica- ma i criteri del Ministero ci hanno escluso a priori”. L’idea era fare dell’abazia un centro internazionale per lo studio della medicina tradizionale, puntando sulla grande tradizione erboristica locale. Già nel 1057, quando ad abitare il monastero erano i Benedettini, lo storico tedesco Gregorovius, nella cronaca del suo viaggio a Trisulti, raccontava di “tesori racchiusi in vasi e ampolle” e della farmacia in cui “entrai con maggior devozione di quella che mi avrebbe ispirato una chiesa”. La farmacia della Certosa non è più in funzione da anni – l’ultimo monaco a cimentarsi con l’erboristica è stato Fra Domenico, che da poco ha dovuto lasciare Trisulti per motivi di salute – ma la tradizione è rimasta. “Da quasi 30 anni – continua Copiz – a Collepardo si tiene un corso di erboristica conosciuto a livello internazionale. Ora, in collaborazione con alcune Università ed enti di ricerca, avremmo voluto ospitare all’interno della Certosa un campus universitario indirizzato alla medicina tradizionale e alle scienze naturali applicate”.

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In effetti i criteri utilizzati dal Mibact per la concessione della Certosa lasciano molti dubbi, che purtroppo non siamo riusciti a chiarire nonostante i ripetuti tentativi fatti con la presidentessa della commissione, Caterina Bon Valsassina, e con il dirigente responsabile dell’assegnazione, Antonio Tarasco. Tra i requisiti previsti ci sono “un’esperienza almeno quinquennale nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale” e “la gestione negli ultimi 5 anni di almeno un bene culturale”. Unica rivale di Dhi, l’Accademia Nazionale delle Arti non viene ammessa alla valutazione finale della commissione per non aver soddisfatto un’ulteriore richiesta di documenti a riguardo. Dignitatis Humanae invece vince il bando nonostante non sembri avere esperienza nella gestione del patrimonio culturale. Secondo Harnwell, la sua associazione rispetterebbe in pieno il primo requisito “attraverso la promozione del Vangelo nella società cattolica italiana”. Mentre il secondo sarebbe garantito “grazie alla gestione del Piccolo museo monastico di Civita”. Si tratta di un’ala del monastero abbandonato di San Nicola, affidata ad Harnwell nel 2015 sempre dall’Abate di Casamari insieme ad alcuni oggetti appartenuti alle antiche comunità monastiche di Trisulti, che vi sarebbero attualmente stipati. Gli abitanti di Civita sostengono però che il museo non hai mai aperto al pubblico. Informazione confermata da Francesca Casinelli, responsabile di Cicerone, il centro visite guidate del Lazio indicato sul stesso sito web di Dhi come referente: “Mi risulta che il museo sia ancora in allestimento, certo è che le nostre guide non hanno mai portato nessuno a visitarlo”. Anche secondo Luciano Rea, presidente di Ciociaria Turismo, che ha collaborato negli ultimi anni con Dhi in occasione di conferenze e seminari organizzati nella Certosa, “il museo di Civita è ancora un progetto in itinere: o almeno, noi non abbiamo mai organizzato visite al suo interno”. Quando chiedo lumi a Harnwell, lui spiega che “lo spazio viene aperto soltanto su richiesta” prima di ammettere che si tratta di “un evento avvenuto finora molto di rado”. Io stesso avrei voluto vederlo. Ci ho provato scrivendo a Martina Veglianti, direttrice del museo – sempre secondo il sito web di Dhi. Ma non ha mai risposto.

Se l’atto di concessione della Certosa al think-tank dell’integralismo cattolico anglosassone verrà comunque perfezionato, Harnwell ha intenzione di formare al suo interno un nuovo ordine monastico: “Verranno a vivere qui 15 monaci laici”. Tanto che il Cardinal Martino ha chiesto al Papa che “la comunità dell’Istituto possa essere riconosciuta come un’associazione finalizzata a divenire una comunità religiosa secondo il carisma francescano”. Che sia per questo – facendo un bel po’ di confusione e con un certo umorismo involontario – che la vox populi in Ciociaria sia che alla Certosa “stanno per arrivare quelli dell’Isis”?

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