Dopo aver tanto sognato la “Cidade maravilhosa”, sono finalmente arrivato a Rio de Janeiro. È il 6 Dicembre 2006 e da qualche giorno vivo “in un alberghetto nel quartiere di Catete, classe media e sorrisi curiosi. Vorrei trovare presto una casa dove poter metter sul fuoco gli odori e i colori che riempiono le stradine del mercato al mattino”, come scrivo agli amici lasciati in Italia. Mentre giro per i vicoli di Lapa in cerca di una stanza, m’imbatto in una lunga scalinata tempestata di azulejos e pannelli dipinti. Seduto su uno dei 215 gradini, c’è un signore solitario. Sulle ginocchia tiene una tavoletta di legno compensato. Accanto a sé ha un secchio, una scopa e una sega. Indossa soltanto un costume da bagno e un paio di havaianas, entrambi rossi. I capelli brizzolati sono raccolti in una lunga coda, mentre i folti baffi fanno tutt’uno con le basette. Ci scambiamo un sorriso e mi siedo accanto a lui. Non so ancora che l’uomo che mi sta davanti è Jorge Selaron, “il più grande pittore del mondo”.. Continue reading
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