“Estate” 2004. A luglio rimetto nel cassetto il costume da bagno, e infilo nello zaino guanti e sciarpa. Per le strade di Santiago del Cile –Santiasco per i suoi aficionados (asco in spagnolo vuol dire “nausea, schifo”)– è un inverno gelido da scaldare a colpi di piscola, il più popolare dei cocktail a base del bruciabudella nazionale, il pisco. Di giorno lavoro alla Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal), un’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere lo sviluppo dei Paesi dell’America centrale e meridionale. Di notte vado a scuola di cileno.
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