I primi afar appaiono tra la polvere di Bati, imponente mercato lungo la strada che dall’altopiano etiopico precipita verso Semera e Asaiyta, rispettivamente moderna capitale burocratica della Dancalia e antica capitale di un leggendario sultanato. Pastori nomadi, sono venuti qui per vendere gli animali che hanno pascolato con pazienza attraverso i deserti dove stiamo per addentrarci. I compratori oromo tastano il punto-vita di capre terrorizzate, saggiano le gobbe grasse di vacche dalle corna maestose e affilate, si dilungano in contrattazioni estenuanti sotto un sole infuocato. Gli afar non si scompongono. Il loro portamento rimane regale. Lo sguardo fiero, quasi altezzoso. Pettini di legno conficcati tra capigliature intrise di burro. Ghefie che circondano colli sottili. Le futa raccolte attorno alla vita. Dai fianchi pendono lunghi pugnali adagiati nella loro fodere intarsiate. Magari sono solo i capelli, ma mi pare di essere circondato da Jimi Hendrix, le Black Panthers e gli altri protagonisti psichedelici che resero gloriosi i Sessanta a stelle e strisce. Se la loro bellezza sfrontata non fosse così sincera, li troverei terribilmente antipatici. Invece me ne innamoro al primo incontro. Continue reading
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