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Jorge Selaron, la sua scala e una "Mulher gravida"

Jorge Selaron, la sua scala e una “Mulher gravida”

Dopo aver tanto sognato la “Cidade maravilhosa”, sono finalmente arrivato a Rio de Janeiro. È il 6 Dicembre 2006 e da qualche giorno vivo “in un alberghetto nel quartiere di Catete, classe media e sorrisi curiosi. Vorrei trovare presto una casa dove poter metter sul fuoco gli odori e i colori che riempiono le stradine del mercato al mattino”, come scrivo agli amici lasciati in Italia. Mentre giro per i vicoli di Lapa in cerca di una stanza, m’imbatto in una lunga scalinata tempestata di azulejos e pannelli dipinti. Seduto su uno dei 215 gradini, c’è un signore solitario. Sulle ginocchia tiene una tavoletta di legno compensato. Accanto a sé ha un secchio, una scopa e una sega. Indossa soltanto un costume da bagno e un paio di havaianas, entrambi rossi. I capelli brizzolati sono raccolti in una lunga coda, mentre i folti baffi fanno tutt’uno con le basette. Ci scambiamo un sorriso e mi siedo accanto a lui. Non so ancora che l’uomo che mi sta davanti è Jorge Selaron, “il più grande pittore del mondo”.. Continue reading »

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La finestra di Santa Marta

la favela di Santa Marta (in basso a sinistra) fotografata dal CorcovadoLa prima occasione di andare a Rio de Janeiro mi è capitata nell’ottobre del 2004. Ero con l’Abuelo a Corumbà -al confine tra Bolivia e Brasile- e il nostro sogno di raggiungere Assuncion discendendo il rio Paraguay si era appena infranto contro i musi duri dei capitani di fregata locali. Costretti a ripiegare sul trasporto terrestre, attendevamo da mezza giornata un autobus per Campo Grande, da cui avremmo proseguito fino alla capitale del Paraguay. Di colpo, nella minuscola stazione di frontiera apparve un’astronave: un bus di ultima generazione, nuovo fiammante, con la scritta luminosa “Rio de Janeiro” che scorreva sul muso. Provai a convincere il Compadre che il segno era chiaro: non ci rimaneva che cambiar piani di viaggio e salire a bordo dell’astronave. Ma il cuore dell’Abuelo batteva troppo forte perché la sua mente potesse averne ragione: da lì a qualche giorno la sua donna sarebbe atterrata a Santiago del Cile e spingendosi fino a Rio lui rischiava di mancare il loro appuntamento. Mentre lanciavo lo zaino nel ventre di una carcassa diretta a Campo Grande, promisi a me stesso che l’appuntamento con la “città meravigliosa” era solo rimandato. Continue reading »

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