“Dov’è la foto di casa mia?”, mi sbotta in faccia Yared. Konjit – una gallerista di Addis Abeba che ha vissuto a lungo a Trieste – capisce che la nostra conversazione necessita una pausa e con un sorriso spaventato lascia il passo al ragazzo. “Perché non c’è la foto di casa mia?”, insiste lui. Il suo alito sa di birra e le pupille degli occhi sono spalancate dal chat masticato durante il giorno. Sul volto, una serie di piccole cicatrici testimonia qualche scontro di troppo. Mi afferra per un braccio e si fa largo tra un gruppo di diplomatici in abito da sera venuti al museo per l’inaugurazione della mostra. Ci fermiamo davanti a una foto panoramica di Piassa, il cuore di Addis Abeba, e Yared punta il dito su una baracca. “Sono nato proprio lì, vedi. Nessun ospedale. Mia madre ha partorito tra quelle mura. Le stesse dove continuiamo a vivere ancora oggi”, racconta. Continue reading
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