In the latest years, while flower-cultivated surface in the Netherlands decreased by 65%, in Ethiopia the number of hi-tech greenhouses have risen dramatically, devoted mainly to the production of roses. Dutch dealers still keep strict control over the world flower market – from production inputs (seeds, pesticides, fertilizers, etc.) to final sale – but production has been gradually moved abroad. Ideal soil and climate conditions, availability of cheap man power and high incentives offered to foreign investors by local government have made Ethiopia become the new Eldorado for industrial flower growing. Ziway lake, located 160 km south of Addis Ababa, was the site chosen in 2006 by Sher -the largest rose company in the world- to settle their first Ethiopian greenhouses. The high temperatures and the massive use of chemical fertilizers and pesticides in the greenhouses make conditions unsafe for Ethiopian workers, whose daily wage is less than one euro. Nonetheless the roses grown here claim the best known environment and social certifications, including Fairtrade Labelling Organisation (Flo), world main fairtrade label. In the Netherlands more than 40 years ago Fairtrade was created in the belief that promoting direct cooperation with small producers could be the key to improving the living conditions of the world’s poorest people. Is it “fair” that today Ziway roses, produced by the largest rose company in the world which takes advantage of cheap manpower and poisons Ethiopian soils, claim this very same label?
Negli ultimi anni, mentre in Olanda la superficie coltivata a fiori si riduceva di 2 terzi, le campagne etiopi hanno visto moltiplicarsi il numero di serre ad alta tecnologia per la produzione soprattutto di rose. Gli olandesi, leader incontrastati del settore, continuano a controllare il mercato – dagli input di produzione (semi, pesticidi, fertilizzanti) alla commercializzazione finale – ma la coltivazione è stata progressivamente trasferita all’estero. Grazie alla manodopera abbondante e a prezzi stracciati, a terre fertili e condizioni climatiche eccellenti, ai forti incentivi offerti dal governo agli investitori stranieri, l’Etiopia è divenuta il nuovo Eldorado della floricoltura industriale. Il lago di Ziway, 160 km a sud di Addis Abeba, è stato scelto dalla compagnia olandese Sher per impiantare le sue prime serre etiopi nel 2006. Sotto i capannoni infuocati dello stabilimento, i lavoratori sono costretti a convivere con l’uso massiccio di fertilizzanti e pesticidi chimici. Il loro salario giornaliero ammonta a meno di un euro al giorno. Ciononostante le rose prodotte qui possono vantare le più note certificazioni ambientali e sociali, compresa quella della Fairtrade Labelling Organisation (Flo), principale marchio del commercio equo e solidale internazionale. Oltre 40 anni fa in Olanda veniva creato il “Fairtrade”, convinti che un commercio giusto basato sulla collaborazione diretta con piccoli produttori del Sud potesse essere la chiave per lo sviluppo delle popolazioni più povere del pianeta. È “giusto” che oggi le rose di Ziway – prodotte dalla più grande compagnia di rose al mondo, che sfrutta le braccia e avvelena le terre d’Etiopia – possono vantare lo stesso marchio?