Sheikh Hussein, santo di tutti

il tempio dedicato a Maometto nel villaggio di Sheikh Hussein

Una manciata di chilometri ci separa dal villaggio di Sheikh Hussein, quando la prima stella appare in cielo ad annunciare il Maulud, l’anniversario della nascita del Profeta Maometto. Riabbasso lo sguardo per incrociare quello di Lollo, gli occhi rosso sangue di chi schiva da dodici ore sassi e buche, e augurargli “buon natale!”. Nello stesso istante, i fari della macchina incrociano la figura di un anziano lungo la strada. Cammina appoggiato al suo dhanqee, il tradizionale bastone biforcuto dei pellegrini diretti alla shrine del santo sufi.

dromedari sulla via di Sheikh Hussein

Ci fermiamo per invitarlo a proseguire con noi a bordo della “Young Lady”, vecchia e fida Land Rover su cui viaggiamo da giorni nella regione del Bale. L’uomo ci regala un sorriso, e senza remore accetta il passaggio. Gli faccio spazio accatastando in un angolo la padella incrostata di stinco di maiale, il bottiglione di vino rosso e il resto del nostro bagaglio profano. Nessuno dei tre ha voglia di perdersi in chiacchiere. Così, mentre percorriamo l’ultimo tratto di strada che ci separa dalla mèta comune, nell’aria rimane solo il canto di Vinicio Capossela diffuso dagli altoparlanti dello stereo: “la conoscenza è niente senza fede”.

Sheikh Hussein

La luna piena è appena spuntata e illumina a giorno le mura bianche del santuario. Il vecchio scompare nella notte senza cerimonie. Rapiti da tanta bellezza, neanche ce ne accorgiamo. A destarci dall’incanto è invece un branco di ragazzini scalmanati, che tortura la Young Lady saltando su cofano e tetto o dondolandosi appeso agli specchietti. Unico possibile riparo per la macchina sembra essere il terreno recintato dell’ufficio turistico. Lì arrangiamo un giaciglio di fortuna per la notte, e dividiamo un pacchetto di cracker ridotti in briciole prima di provare ad abbandonarci al sonno. La luna, che illumina la terra a giorno, e gli zikr recitati dai pellegrini, che arrivano da qualche punto imprecisato nella notte, sono però un richiamo irresistibile.

il santuario di Sheikh Hussein

Decido di mettermi in cammino verso i canti. Nella ragnatela dei vicoli del villaggio le invocazioni sono l’unica guida. Finalmente raggiungo l’ingresso di una casa, davanti a cui un gruppo di uomini dalle enormi pupille fumano e parlano veloci. Scambiamo un saluto di Pace. Con la testa mi indicano una porta, su cui batto il palmo delle mani. La porta si apre, e una vampata d’aria bollente m’inghiotte di colpo. Mi unisco ai canti e alle danze di genti strette e sudate, li accompagno con il battito delle mani, mi abbandono a movimenti incontrollati che mi riempiono di brividi gioiosi.

pellegrini recitano zikr durante la notte del Maulud

Una mano m’afferra un istante prima che mi manchi il respiro. Vengo trascinato in una saletta scura, dove il padrone di casa e gli ospiti più stretti masticano khat avvolti nella penombra dell’unica lampadina esistente. Poche domande curiose, cui il mio povero amarico non può dare soddisfazione, e qualche sguardo obliquo diretto alla mia mastodontica macchina fotografica, lasciano presto il passo a larghi sorrisi e a dichiarazioni d’affetto in un inglese sgrammaticato. Il padrone di casa, il cui volto rimane celato nella penombra, da ordine di portarmi subito un piatto di cibo caldo e un mazzo di khat. Comincio a rollare tabacco per tutti. Dopo tanto viaggiare sono di nuovo a casa.

il tempio dove venne cremata la figlia di Sheikh Hussein

Sheikh Hussein è un santo sufi, nato nel dodicesimo secolo. Secondo la leggenda, visse per oltre duecentocinquanta anni, in cui si distinse per la sua devozione e i suoi atti miracolosi. Trascorse gli ultimi settanta anni della sua vita terrena insegnando tolleranza religiosa e unità spirituale nel santuario che siamo venuti a visitare, mèta del pellegrinaggio di migliaia di devoti di ogni fede. I pellegrini si raduno qui soprattutto in due occasioni, per commemorare gli anniversari della morte del santo e della nascita del Profeta Maometto (le date dipendono dal calendario lunare e sono dunque diverse ogni anno).

pellegrini di fronte al santuario di Sheikh Hussein

All’interno del santuario c’è la Zemzemdure, una pozza d’acqua che rappresenta l’equivalente locale della Zemzem, la fonte sacra nei pressi della Ka’ba di Mecca. Come quest’ultima, la pozza rimane piena tutto l’anno nonostante si trovi in una zona arida e con temperature molto elevate. I devoti la usano per le proprie abluzioni, ne bevono a piccoli sorsi e poi la raccolgono in contenitori con cui la porteranno ai cari che non hanno potuto partecipare al pellegrinaggio. Per purificarsi e ricevere la benedizione divina si usa anche la jewara, cenere raccolta nei templi dove vennero cremati i figli del santo. I pellegrini se ne cospargono la fronte e il collo prima di cantare i baahroo, inni sacri dedicati alla benevolenza e alla generosità di Sheikh Hussein. I baahroo vengono recitati in canti e contro-canti, fin quando il circolo di fedeli non raggiunge uno stato di trance collettiva e risponde alla voce guida con singole parole o profondi respiri ritmati.

Zemzemdure, la pozza di acqua sacra all'interno del santuario di Sheikh Hussein

Più di ogni altro luogo in Etiopia, il santuario di Sheikh Hussein rappresenta l’unione tra Islam e animismo, la fede tradizionale degli oromo che popolano il Bale. Ma non è raro che tra i pellegrini che si radunano qui ci siano anche fedeli cristiani e devoti stranieri. Tutti accolti a braccia aperte, in armonia con gli insegnamenti del santo. L’Etiopia è un Paese ricco di tradizioni religiose, che si è sempre distinto per la tolleranza di culto e il massimo valore riconosciuto alla spiritualità. Questa non è soltanto la terra cui viene fatta risalire l’origine degli esseri umani. Da qui cristianesimo e Islam –sbarcati rispettivamente nel IV nel VII secolo d.C.- si sono poi diffusi in tutta l’Africa. Secondo alcuni studiosi, i falascia, antica comunità di ebrei che in piccola parte vive ancora nel nord-ovest del Paese, sarebbero una delle “dieci tribù perdute d’Israele”. L’Etiopia ospita inoltre rastafariani, Baha-i, testimoni di Geova, e devoti di ogni credo. L’unicità di Dio e il rispetto per ogni tradizione di culto, in questo Paese sono componenti essenziali dell’aria che si respira ogni istante.

le cave di Sof Umar, altro santo sufi, dove i pellegrini si raccolgono dopo aver visitato il santuario di Sheikh Hussein

Oggi però c’è chi prova a seminare odio, a mettere fedeli contro fedeli. Vengono eretti nuovi “templi” in cui predicare l’intolleranza e speculare sulle differenze di culto. Si usa l’ignoranza delle masse per istigarle a dare alle fiamme i luoghi sacri degli “altri”, a scacciare gli “infedeli” dai propri villaggi. Chi sta seminando tutto questo, investendo denaro sporco convinto che la strategia del “divide et impera” gli consentirà presto di raccoglierne ancora di più, dovrà fare i conti con una popolazione abituata a veder convivere culti diversi addirittura all’interno dello stesso nucleo familiare. I germogli dell’intolleranza e dell’odio in Etiopia non daranno mai raccolto, inch’Allah

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