Il sole è appena spuntato dietro la collina di Entoto, ma Mahilet è già china da un pezzo sulla filatrice. Il cotone grezzo passa attraverso una curiosa struttura esagonale in legno per poi essere avvolto su un rotolo di filo. Ancora un paio di cartucce blu e sarà pronta a passare alla tessitrice. Senza soste e distrazioni, prima di sera avrà confezionato diverse sciarpe colorate, che verranno vendute nel piccolo negozio adiacente a 100 birr l’una. Una fortuna per una donna che fino a pochi anni fa si spezzava la schiena raccogliendo illegalmente legna tra le foreste di eucalipti intorno ad Addis Abeba in cambio di pochi spicci. Fuori dalla sala che ospita le macchine per tessere e filare, c’è un via vai di gente. Sono i clienti dei mulini dell’associazione, dove teff, grano, riso, ceci e spezie vengono trasformati in polvere pronta per diventare enjera, shiro e berberé, piatti base della cucina etiope. Anche le donne impiegate ai mulini in passato vendevano legna da ardere, camminando fino a 40 chilometri al giorno con fasci più pesanti di loro caricati sulla schiena.
Nata nel 1994 grazie all’aiuto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e del Ministero del lavoro etiope, la “Former Women Fuel Wood Carriers Association” offre fonti alternative di reddito alle donne che ancora oggi contendono le nuove strade di Addis Abeba agli ultimi modelli di fuoristrada. Un esercito stimato in 15mila raccoglitrici – soprattutto immigrate provenienti dalla ragione meridionale di Gamo Gofa – che forniscono il 30% del combustibile consumato in città per cucina e riscaldamento. Nella sede di Entoto, dove sorge il quartier generale della FWFWCA, lavorano 790 donne. Considerando anche i centri di Yeka, Keranyo e Kolfe, il numero delle beneficiarie ospitate nei locali dell’associazione sale a quasi 4mila. Oltre alla sartoria e alla preparazione di farine, le donne si dedicano a piccoli progetti di allevamento, agricoltura e riforestazione.
Per supportare le varie attività, la FWFWCA offre non solo locali e attrezzature ma anche corsi di formazione, linee di microcredito e strutture cooperative di vendita. “Per ogni donna che abbandona il lavoro di raccoglitrice – spiega il portavoce Alemayehu Gebrehiwot – ce n’è un’altra pronta a prendere il suo posto. Fin quando ci sarà domanda di legna da ardere, l’esercito delle raccoglitrici continuerà a essere numeroso. Per questo forniamo anche carrelli, rimorchi a tre ruote e altri mezzi per alleviare almeno le pene del trasporto”. Consapevole dell’impatto che la raccolta illegale di legna ha sulla deforestazione, l’associazione punta a diventare partner del governo in una serie di progetti di gestione delle foreste. In questo modo le attività di riforestazione che interessano le colline intorno ad Addis Abeba e molte altre aree del Paese verranno portate avanti tenendo conto delle necessità delle raccoglitrici e della loro sicurezza. Un progetto che nei prossimi anni dovrebbe coinvolgere oltre 30mila donne in tutta Etiopia.