Le manifestazioni sportive sono ancora lontane, ma l’atmosfera intorno allo stadio Maracanà è già bollente. Dopo aver sloggiato 667 nuclei familiari dalla favela Metro Mangueira per far posto a un parcheggio, nelle ultime settimane il governo carioca ha prima sgombrato la “Aldeia Maracanà” – un gruppo di nativi di 17 etnie diverse, che da anni occupava il vecchio museo indigeno adiacente allo stadio – poi sigillato gli ingressi del Célio de Barros, il “tempio” dell’atletica carioca, abitualmente frequentato da centinaia di atleti. La struttura si trova all’interno del Complexo do Maracanà, e nei piani del governo verrà demolita per lasciar spazio a un maxi centro commerciale che sorgerà affianco al nuovo parcheggio dello stadio.
In vista dei grandi eventi che si prepara a ospitare – Mondiali 2014 e Olimpiadi 2016 – Rio de Janeiro è divenuta teatro della “più grande e spettacolare speculazione immobiliare di sempre”. Negli ultimi 2 anni, il valore degli immobili in città è aumentato del 47,9 per cento, e il Brasile si è trasformato nel secondo mercato immobiliare più redditizio al mondo. L’amministrazione carioca sta rilasciando concessioni edilizie al ritmo di circa 200mila metri quadri al mese. In particolare nell’area di Barra da Tijuca, accanto alla laguna di Jacarepagua, dove sorgerà il nuovo Villaggio olimpico. La torta è così golosa d’aver attirato, oltre ai grandi costruttori brasiliani (Cyrela, Mrv, Pdg, Rossi e Gafisa) e stranieri (Brookfield, Century 21 e Nvr), anche i “players” della finanza internazionale, come lo speculatore statunitense Sam Zell della Equity Group Investments. Il rischio che si tratti di una bolla, pronta a scoppiare non appena verrà tirato giù il sipario sulle Olimpiadi, è molto alto.
Mentre Rio si rifà il trucco, a pagarne le spese sono alcune tra le comunità più povere della città. Secondo quanto riportato da Raquel Rolnik, architetto inviato dalle Nazioni Unite per far luce su quanto sta accadendo, almeno 170mila persone sarebbero state cacciate dalle proprie case per far spazio a stadi, impianti sportivi e grattacieli. In cambio il governo offre un misero indennizzo in denaro, o un nuovo appartamento a decine di chilometri di distanza dall’area in cui questa gente vive e lavora. Gli abitanti delle aree sgombrate vengono a conoscenza della propria sorte soltanto a giochi fatti, quando gli addetti della Secretaria Municipal de Habitacao marcano con la sigla SMH le case che dovranno essere abbattute. È quanto sta avvenendo anche a Morro da Providencia, la più antica favela di Rio. Questa comunità si trova all’interno dell’area portuale, nel centro storico della città, dove l’amministrazione carioca ha avviato il progetto “Porto Maravilha”, che prevede la riqualificazione urbana di un’area pari a 5milioni di metri quadri. L’omonimo fondo investimenti, gestito dalla Caixa Economica (banca pubblica del governo federale), ha già piazzato titoli di concessione edilizia per 3,5miliardi di reais (circa 1,34miliardi di euro). Tra gli interessati c’è anche il magnate statunitense Donald Trump, pronto a edificare 6 torri commerciali da 50 piani ciascuna.
La speculazione si è abbattuta anche sulle favelas “pacificate” della Zona Sud, l’area di Rio dove risiede la classe alta carioca e si affollano i turisti. Nei Morros occupati dalle Unidade de policia pacificadora (Upp) gli affitti sono in media 4 volte più alti dell’epoca pre-Upp. Inoltre, se prima quasi nessuno pagava elettricità e acqua, oggi tra i favelados di questi territori la compagnia Light può già contare su oltre 32mila nuovi clienti. Dopo aver resistito per decenni alla violenza armata, molte famiglie sono così costrette ad arrendersi alla “rimozione bianca” operata dalle leggi del mercato. Emigrano nella Zona Nord, lontano dallo sguardo dei turisti, a ingrossare le fila dei diseredati della Cidade Maravilhosa.
Ma speculatori e amministratori prezzolati non hanno sempre vita facile. Sulle rive della laguna di Jacarepagua, all’interno dell’area su cui è in progetto il futuristico Villaggio olimpico, c’è una comunità che grazie alla lotta e all’impegno dei suoi abitanti è divenuta simbolo della resistenza contro le rimozioni forzate. Vila Autodromo è una vecchia colonia di pescatori, stabilitasi qui 40 anni fa, quando nella zona di cemento ce n’era ancora pochissimo. L’amministrazione carioca aveva provato a sloggiarla già all’epoca dei Giochi Panamericani del 2007. I residenti però non si sono mai arresi, e con l’aiuto di volontari dell’Università federale di Rio, deputati statali e tante associazioni locali e internazionali, hanno avviato il processo di regolarizzazione fondiaria (fisica e legale) della comunità. Ma le minacce di sgombero continuano. Dietro si nascondono gli interessi della potente lobby dei costruttori carioca, legata a doppio filo al sindaco Eduardo Paes, che proprio grazie al loro appoggio ha da poco ottenuto un secondo mandato. Se Vila Autodromo sparisse infatti, i lussuosi condomini edificati nella zona dai “grandi elettori” del sindaco di Rio si apprezzerebbero.
Le favelas di Rio de Janeiro sono creature straordinarie, in cui ho vissuto e che provo a raccontare da anni. Ne ho scritto per il manifesto e Altreconomia:
Una città senza cittadini, Altreconomia, maggio 2012
Minaccia olimpica sulle favelas di Rio, Altreconomia, febbraio 2010
La Rocinha va alla guerra, il manifesto, gennaio 2007
Narcos contro paramilitari, il manifesto, gennaio 2007