La prima occasione di andare a Rio de Janeiro mi è capitata nell’ottobre del 2004. Ero con l’Abuelo a Corumbà -al confine tra Bolivia e Brasile- e il nostro sogno di raggiungere Assuncion discendendo il rio Paraguay si era appena infranto contro i musi duri dei capitani di fregata locali. Costretti a ripiegare sul trasporto terrestre, attendevamo da mezza giornata un autobus per Campo Grande, da cui avremmo proseguito fino alla capitale del Paraguay. Di colpo, nella minuscola stazione di frontiera apparve un’astronave: un bus di ultima generazione, nuovo fiammante, con la scritta luminosa “Rio de Janeiro” che scorreva sul muso. Provai a convincere il Compadre che il segno era chiaro: non ci rimaneva che cambiar piani di viaggio e salire a bordo dell’astronave. Ma il cuore dell’Abuelo batteva troppo forte perché la sua mente potesse averne ragione: da lì a qualche giorno la sua donna sarebbe atterrata a Santiago del Cile e spingendosi fino a Rio lui rischiava di mancare il loro appuntamento. Mentre lanciavo lo zaino nel ventre di una carcassa diretta a Campo Grande, promisi a me stesso che l’appuntamento con la “città meravigliosa” era solo rimandato. Continue reading
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