Canta, danza, recita e gioca col pubblico. Senza concedersi tregua. I musicisti che lo accompagnano sono stremati, lui è fresco come una rosa. Mahmoud Ahmed ha 71 anni, ma da come sta in scena sembra ancora il ragazzino che una notte del 1962 salì sul palco dell’Arizona club di Addis Ababa per sostituire il cantante della Imperial Body Guard Band di Haile Selassie, il Re dei Re. Da lì a poco si sarebbe trasformato nella voce guida del movimento musicale noto come “Ethio Jazz”. Tra gli ospiti della terza edizione del Selam festival ci sono stelle del calibro di Alpha Blondie. Ma nessuno è in grado di accendere il pubblico come fa Mahmoud. La gente lo adora, strilla, piange, si strappa le vesti. Accompagna la sua voce con un trasporto che va al di là della musica, un amore che attraverso il cantante sembra rivolgersi all’intera Etiopia e ai suoi ultimi 50 anni di storia.
“Mahmoud ha l’energia scoppiettante di James Brown nei suoi anni migliori, e l’armonia fluida di Otis Redding”. Parola di Francis Falceto, produttore della celebre serie musicale “Ethiopiques”. Imbavagliato per 20 anni dal regime di Menghistu – mentre Salif Keita e Youssou N’Dour facevano conoscere al mondo la musica dell’Africa occidentale, i musicisti etiopici erano ostaggio del “Terrore rosso” – l’Ethio Jazz ha guadagnato un’eco internazionale solo nei Novanta, proprio grazie al lavoro fatto da Falceto. Oggi però vive una stagione straordinaria, in cui talenti storici come lo stesso Ahmed, Girma Negash, Mulatu Astatke o Alemayehu Eshete – l’Elvis Presley abissino – si esibiscono al fianco di una nuova generazione di straordinari musicisti.
Tra quest’ultimi, la stella che brilla più vibrante è quella del pianista ventenne Samuel Yirga. Ancora poco sconosciuto in Europa, Sammy è appena tornato dall’Australia, dove ha portato in tour il suo primo album, Guzo (“viaggio”, in amarico). Inciso nello studio londinese di Peter Gabriel per la Real World, il disco è legato a doppio filo alla storia della musica popolare etiope. Anche in Samuel l’amore per la terra natale è sopra ogni altra cosa: “Mi sono davvero divertito in Australia. A Sidney, Melbourne e Perth, la gente ci ha accolto con calore ed entusiasmo. Il successo della nostra musica è importante soprattutto perché contribuisce a rivalutare l’immagine dell’Etiopia all’estero. Sono stanco di vedere il mio Paese associato a carestie e siccità, invece che alla sua immensa ricchezza culturale”.
Lo sguardo all’ombra perenne del capello in cui raccoglie i suoi folti dreadlocks, Yirga fa danzare le dita sui tasti con una rapidità e una grazia che pochi altri virtuosi del piano possono vantare. La sua musica rivive e rinnova i ritmi dell’Ethio Jazz dei Sessanta e Settanta, condensando in una chiave molto originale armonie jazz, folk, soul e funky. Oltre alla formazione con cui ha affrontato il tour in Australia, e che si esibisce ogni lunedì al Guramaylé di Addis (Fasil Wuhib al basso, Aklilu al Sax, Nataniel Tessema alle percussioni), Samuel guida anche un gruppo funk, che alla voce può vantare il mitico Alemayehu Eshete. Le due generazioni della musica etiopica si esibiscono insieme al Jazzamba, lo storico club del Taitu hotel, il più antico albergo della capitale. Chi ha la fortuna di essere tra il pubblico, può avere l’impressione di vivere il capitolo africano di una storia cominciata all’Avana, di assistere alla nascita dell’Addis Ababa Social Club.