L’equilibrio di Rio de Janeiro si regge su una bestemmia. Sui morros dei quartieri nobili, dove l’aria è più fresca e il panorama mozzafiato, non ci sono le villette della classe alta carioca. Artigliata alla roccia, un’accozzaglia di spelonche ospita alcune delle comunità più povere e marginali. I diseredati della Cidade maravilhosa vivono nel cuore della Rio ricca e, quando s’affacciano alla finestra, guardano la città dall’alto in basso.
Ma la Galassia Favelas di Rio ha centinaia di altre stelle. I dati dell’Instituto brasileiro de geografia e estatísticas (Ibge) raccontano che in questa megalopoli sono disseminate, periferie incluse, 516 favelas. Secondo le stime della Prefeitura invece il numero è molto più alto: in 752 comunità vive oltre un milione di persone, circa un sesto della popolazione di Rio.
Da un mese ho affittato un cuarto in rua Marechal Francisco de Moura, nel quartiere di Botafogo. Al di là del portone della mia palazzina, la strada dissestata risale ancora 100 metri per poi riversarsi nel labirinto della favela aggrappata al morro di Santa Marta. Seguendo la curva disegnata dalla roccia, lo sguardo finisce in cima al Corcovado, dove le braccia spalancate del Cristo lanciano la loro benedizione verso la Baia de Guanabara. In direzione opposta, per scendere in città si deve attraversare un corridoio di poliziotti. Spesso 2 macchine della Polizia Militare sono messe di traverso, a sbarrare il cammino. I mezzi vengono parcheggiati proprio nel punto in cui i ciottoli della strada annegano nell’asfalto e un torrente di liquami maleodoranti (le fogne sono a cielo aperto) precipita tra le grate di un tombino. Su questa linea di frontiera, notte e giorno, gli agenti fanno da filtro alla favela spulciando ogni borsa, schedando ogni volto.
Santa Marta è sotto la giurisdizione del Comando Vermelho (Cv), uno dei più antichi e potenti clan di narcos della città. E lo sbocco professionale più probabile per chi è nato su questa collina è il traffico di droga. Nella boca, nascosta tra 2 vicoletti, un gruppo di ragazzini armati fino ai denti estrae le occorrenze della clientela da un vasto campionario: negli anni Ottanta c’erano solo cocaina e maconha, ma oggi l’offerta comprende haxixe, crack e tanto altro ancora. La droga è venduta in tagli pensati per le tasche di tutti. E il supermercato dello sballo, sempre aperto, fa affari d’oro.
La cocaina a esempio, dopo essere stata tagliata, nelle favelas carioca viene rivenduta a un prezzo 13 volte superiore a quello pagato ai produttori andini. Scontando dalle 17 tonnellate consumate a Rio ogni anno il necessario a corrompere la polizia e pagare i dipendenti (il “direttore generale” della boca arriva a guadagnare 15mila R$ al mese, più di 5mila euro), nelle tasche di chi controlla il traffico rimane un gruzzolo da far girare la testa.
Costruita sullo splendido morro Dois Irmaos, a fianco della spiaggia e del ricco quartiere di Ipanema, la regina del traffico è Roshina. La favela, sotto il controllo del clan Amigos dos Amigos (AdA), detiene diversi primati cittadini: è la più popolosa (le stime oscillano tra 60 e 120mila abitanti), quella più ricca di infrastrutture e soprattutto ogni mese vende in media 150 kg di cocaina e mezza tonnellata di maconha, per un fatturato stimato in 2,2 milioni di R$ (oltre 800mila euro). Nelle favelas di Mangueira e Cidade de Deus si concentra invece il potere amministrativo e l’arsenale bellico. Ma l’unico complesso di favelas in cui convivono, concedendosi tregue sporadiche, i 3 principali clan della città (Cv, AdA e Terçero Comando) e quello di Maré, nella Zona nord. Qui, nel territorio compreso tra la terrificante Avenida Brasil e il lembo di costa di fronte alla Cidade universitaria (Ilha do Governador), 130mila formiche entrano e escono dai vicoli di 16 favelas.
“Schiacciata tra trafficanti e polizia, l’esistenza di chi vive nel Complexo da Maré è un inferno. Ogni anno il confronto tra narcos e forze dell’ordine e, in misura minore, quello tra comandos rivali fanno decine di vittime innocenti. Nel 2006 le persone finite contro il lampo di una bala perdida sono state 38. Più della metà erano minori”. Raquel Willadino Braga è la coordinatrice del Núcleo de violencia e direitos humanos di Observatório de favelas, la ong più impegnata nelle comunità marginali di Rio de Janeiro. Da anni si occupa dei giovani coinvolti nel traffico di droga. “Tra il 2004 e il 2006, Observatório de favelas ha seguito il destino di 230 ragazzi assoldati dai trafficanti in 34 favelas differenti. Nello stesso intervallo di tempo, 45 di loro sono stati assassinati”.
Nel Presepe della violenza di Maré, dove la stella cometa è una bala perdida e la Madonna e Gesù bambino non si sono mai fatti vedere, almeno gli animali ci sono tutti: da novembre 2006 infatti a contendersi il territorio con i 3 comandos sono arrivate anche le milicias. I paramilitari hanno invaso e controllano 3 delle 16 favelas che compongono il Complexo. A Ramos, Roquete Pinto e Kelson, come in altre 90 favelas della città, la boca non esiste più. Ma chi non è disposto a pagare le tasse imposte sui servizi (sicurezza, gas, Tv via cavo, trasporti informali e cosi via) subisce violenze peggiori di quelle praticate dai trafficanti. “Nelle favelas controllate dalle milicias – racconta Raquel – ci sono stati molti casi di desaparecidos. Inoltre la presenza di ong e organizzazioni sociali non è ammessa. Per noi è più semplice lavorare nelle favelas controllate dal traffico”.
Per espellere i narcos da una favela, le milicias contano sull’appoggio della Polizia. “Prima di un’invasione – racconta Jailson de Souza, coordinatore generale di Observatório de favelas – il Batalhao de operacoes de Polícia especializada (Bope) realizza un’operazione nell’area, preparando il terreno. Vengono utilizzate macchine della Corporazione, blindati (conosciuti come “Caveirao” e “Pacificador”, ndr) e in alcuni casi anche elicotteri. Una volta che la Polizia Militare e i trafficanti hanno cominciato a confrontarsi, i paramilitari intervengono e occupano il territorio”.
Oltre a contare sull’appoggio dei Battaglioni presenti in ciascuna area, i paramilitari invitano poi poliziotti di altre unità a partecipare alle invasioni. Per il servizio non viene corrisposto neanche un centesimo ma, una volta assunto il controllo dell’area, coloro che hanno collaborato a conquistare la favela sono invitati a integrare l’equipe di “sicurezza”. Il salario arriva a 100 R$ per ogni giorno di lavoro, circa un settimo dello stipendio mensile di un poliziotto.
Buona parte delle favelas presenti nelle aree in cui verranno disputati i prossimi Giochi Panamericani (a luglio Rio ospiterà i Pan 2007) sono state invase e occupate dai paramilitari. Tra le poche a mancare all’appello c’è la Cidade de Deus, in cui i ripetuti tentativi delle milicias non hanno mai avuto successo. L’ultimo episodio risale al 29 dicembre, giorno successivo agli attacchi che hanno fatto 18 morti e decine di feriti. Anche in quella occasione i paramilitari hanno ricevuto la collaborazione della Polizia Militare: gli agenti hanno provveduto a rimuovere la barricata, fatta di mobili e immondizia dati alle fiamme, con cui i narcos ostacolavano l’ingresso delle milicias.
“Molti elementi – commenta Raquel – lasciano pensare che dietro alle invasioni delle milicias ci sia la regia dello Stato, preoccupato per il corretto svolgimento dei Pan. L’appoggio massiccio concesso dalle forze di Polizia durante le invasioni, le dichiarazioni rilasciate da alcuni importanti funzionari pubblici impegnati nell’area della sicurezza (tra cui quelle del prefeito Cesar Maia, secondo cui “per la realizzazione dei Pan le milicias sono un problema minore, molto minore, del traffico”, ndr) e le aree in cui si sono concentrate le invasioni non possono essere soltanto una coincidenza”.
In effetti le connessioni tra milicias e potere politico sono ricchissime. A esempio, il gruppo che controlla la favela di Rio das Pedras, roccaforte storica dei paramilitari, comprende personaggi illustri come Josinaldo da Cruz (o “Nadinho”), alleato politico (Pfl) del prefeito Cesar Maia, e Geiso Turques, sergente della Polizia Militare. Le milicias di Chacrinha rispondono invece agli ordini di Luiz da Silva, ex capo dell’Esercito. Nei quartieri di Bangu e Realengo, dove comanda diverse favelas, il deputato statale Coronel Jairo (Psc) ha accumulato un potere tale da garantirgli il controllo di ospedali, scuole e commissariati di pubblica sicurezza.
Le tradizionali “mazzette” con cui i trafficanti si assicuravano la protezione, non bastano più a saziare l’avidità delle autorità corrotte di Rio de Janeiro. Oggi, nel limbo delle favelas, lo Stato è passato a fare la concorrenza alla malavita.